L’infinito
Regia di Umberto Contarello. Con Umberto Contarello, Elleri Claire, Carolina Sala, Margherita Rebeggiani. Genere Drammatico, – Italia, 2025, durata 91 minuti.
Umberto è uno sceneggiatore avvilito. Non riesce più a provare piacere o felicità per nulla, si trascina per la casa, come per la città, con uno sguardo triste e disincantato. Si nasconde dalla vita, dentro i cappotti come nella siepe per guardare sua figlia giocare. Aiuta una giovane sceneggiatrice a scrivere una storia, ammira una suora armena pulire i vetri delle finestre, passa le serate in un locale a bere alcolici, mescolando il ghiaccio con le mani. Un ragazzo bussa alla sua porta, e gli rivela una notizia importante. Una sua ex viene a trovarlo e gli regala una serata diversa, un’altra deve decidere se finanziare o no la sua storia, e una suora lo accompagna al cimitero dov’è sepolta sua madre. Lì Umberto, per gli amici Umbe, dovrà fare i conti con traumi e memorie del passato.
Regista ma anche attore esordiente, ne L’infinito si cuce addosso un personaggio autobiografico – e dunque inevitabilmente autocompiaciuto – con il benestare del sodale Paolo Sorrentino, che figura tra i produttori del film.
Un’opera dedicata a Carlo Mazzacurati che si rivela un intimo affresco della decadenza di un creativo che dopo il famigerato premio Oscar – la cui presenza spettrale attraversa tutto il film – sembra essersi perso in una voragine di nostalgia, rimpianto, noia e tempo sospeso. O di retorica e vittimismo, come gli dirà uno studente di ventitré anni bussando alla sua porta.
La cifra del racconto si assesta tra il decadente e l’ironico, con un umorismo alla Kaurismaki, specie nell’insistenza sull’ossessione filoamericana del “turning point” degli sceneggiatori contemporanei e nel rivendicare l’importanza delle “scene che non servono a niente”, ma anche nella “to do list” in cui il protagonista inserisce compiti come “andare in banca a chiedere pietà” e “non impazzire”. Per non parlare del suo rapporto con il fedele e saggio inserviente Lucas, fissato con i mandarini e con la Conad, basato su un sottile e costante umorismo.
L’influenza sorrentiniana è dichiarata e risulta evidente nella messa in scena, come anche nel tipo di ironia e nella descrizione di certi personaggi – le suore, ma anche lo stesso Umberto, versione ancor più sconsolata di Gambardella di La grande bellezza. La Roma descritta nel film è la stessa, la scena della corsa in monopattino con la suora sarebbe potuta spuntare anche lì. A livello formale incuriosisce la scelta di un bianco e nero interrotto a tratti da dissolvenze in rosso, suggestionano le musiche di Danilo Rea, colpiscono attrici come Manuela Mandracchia e Carolina Sala, ma anche il volto evocativo dello stesso Contarello. Del quale, neanche a dirlo, “funziona” – verbo che il protagonista trova non a torto più adatto ai rubinetti che ai film – gran parte della sceneggiatura, anche se alla lunga la ricerca spasmodica dell’aforisma ad effetto a tutti i costi finisce per sfiancare.
(mymovies.it)